domenica 2 settembre 2012

"Insalata Trocadero"

Al balcone c'è un galateo cittadino che prevede una grande e sola regola, che nessuno ha stabilito in una riunione di condominio: ci si ignora con educazione.
Mentre fumo e faccio due passi, penso alle cicche delle sigarette che mio fratello ha lasciato nei gerani di mia madre: vuol dire che ci fuma spesso sul balcone, gli piace. Potrebbe rimanere a fumare dentro, e invece esce. Piace anche a me. Credo sia la nuova frontiera del relax, e tutti gli altri che hanno un balcone, anche minuscolo, lo sanno.  
Mentre faccio gli ultimi tiri arriva un signore sulla sessantina che a torso nudo pulisce le scarpe. Ci infila le mani e le sbatte l'una contro l'altra. Mi ha visto e io ho visto lui. Nessuno dei due saluta l'altro. Magari mi conosce da una vita, mi vede da quando ero piccola. Scommetto che i miei sanno come si chiama e che lavoro fa. 
Ha la pelle caramellata, è uno di quei tipi abbronzati tutto l'anno, un po' per carnagione forse, un po' perché forse lavora all'aperto. Fatto sta che vederlo così, oggi, domenica due settembre, fa tanto "domenica due settembre", e cioè:

/sono stato al mare ad agosto/, 
/ho dormito con la finestra aperta stanotte e ho avuto freddo!/, 
/fra poco piove/, 
/si sente che l'aria è cambiata/,
/lunedì torno a lavorare/
/stasera mi porto il golfino/. 

Arriva la vecchia del piano superiore.
Noto che con la tempistica si sono sincronizzati un casino: mentre lui rientra, lei apre la finestra e esce. 
Senza che loro lo sappiano li ringrazio per questo impeccabile cambio di scena. 

La signora è anziana e curva, ma ha la velocità dei movimenti di una che è stata tosta nella vita. 
Credo che non veda l'orizzonte da alcuni anni. Io vorrei morire subito se sapessi di non poter più vedere davanti a me, che ci sia il sole o lo stronzo che mi supera mentre siamo in fila allo sportello. 
Lei si vede solo i piedi e il pavimento. Conoscerà tutti i pavimenti di questa città, di tutti gli uffici e gli ambulatori medici, e dei supermercati e dei bagni dei bar.
Con uno straccetto umido raccoglie a mano le foglie secche e poi lo sventola fuori. Siamo in centro e lei che fa? sparge lo zozzo di casa sua in strada. Ma certo è domenica. E questa via ora è un cortile interno, io vi spio mentre fate cose vostre. Nessun altro ci vede, cioè tutti ci vedono, io vedo voi, voi vedete me, ma decidiamo di comune e muto accordo che non ci vediamo.
Come quando ti lavi le mani in un bagno pubblico: che tu sia in un locale o alla stazione, se ti guardi allo specchio mentre ti insaponi le mani e per sbaglio incroci lo sguardo di quella dietro di te, tu non la vedi.
Mica la saluti. Ma chi sei? I am a passenger, inutile stare a parlare. 
La signora alza lo sguardo - non dice nulla, anche lei rispetta il galateo del balcone - mi vede. 
Mi giudica, palesemente. Sono una, in maglietta, a fumare sul balcone. E fisso la gente. E' evidente che non porto calzoncini o pantaloni. E' fatta. Le parte in testa il disco della sua gioventù:

"all'epoca mia mica si stava così in pubblico,
ma guardale ste regazzette de oggi eccetera eccetera
il babbo mio eccetera me le dava che non uscivo di casa per una settimana
taratà taratà".

Ecco, è finito il pezzo, continua a pulire. 
La guardo in faccia e riusciamo a guardarci solo perché io sono al secondo piano e lei al quarto. Dio com'è curva. Soffrirà? le mancheranno le cose che riusciva a vedere prima, o ci ha fatto l'abitudine? io vorrei qualcuno vicino che riesca a descrivermi cosa mi sto perdendo. O forse non lo sopporterei. Sì, a quel punto meglio morire.
(Mi fa piacere quando mi confermo discorsi precedenti, lo apprezzo come apprezzo che mi allaccio le scarpe sempre nel modo più comodo per me. Sìsì, ottimo lavoro).
 
La signora ha un vestito di lino albicocca. Fa finta di niente, si rigira, rientra e sistema le tende del suo salotto. Sembra che lo faccia credendoci. Le stropiccia un po' con le mani, ce le passa sopra, forse pensa di togliere la polvere o di stenderle meglio.  

Domani la incontrerò al reparto frutta del superconti di via ferraris, mentre saremo in fila per pesare l'insalata "riccetta" o la "trocadero", che è un nome stupendo per un tipo di insalata, non so come la pensiate voi, ma è proprio figo. Insomma, le dirò che non si butta la robaccia di casa propria dal balcone, ma che il suo vestitino mi è piaciuto un sacco e che sì, dobbiamo continuare a ignorarci perché in silenzio mi sa che ci capiamo meglio. 

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