sabato 6 ottobre 2012

Colloqui del quarto tipo

Il potere si misura con l'attesa che si impone agli altri. A quanto pare, per alcuni è così.
Ragionano esattamente in questo modo: più ti fanno aspettare, più ti mostrano che per loro il tuo tempo non conta. Il loro sì, molto. Ergo: loro hanno potere, tu no.
Gerarchia stabilita, ruoli definiti.
L'ho sperimentato in un colloquio, dove per avere udienza, ho atteso tre ore.
Alla fine ero esausta (avevo preso un treno per venire lì), irritata, scontrosa, di base controllata ma pronta ad esplodere. Ah, tra l'altro il colloquio era per un master: per il master si paga l'ammissione, sostanzialmente.
La necessità di tutta questa selezione costruita, e il tempo richiesto ai candidati, se da un lato vorrebbero dare l'impressione di "vabbène che si paga per entrare ma non vogliamo proprio cani e porci", alla fine è passata per "tiriamocela più di quello che valiamo". E infatti è stato così.
Alla fine, quando l'addetto alla selezione è arrivato in sala d'attesa per stringermi la mano personalmente (forse si stava congratulando per la mia capacità di sopportazione) chiedendo scusa con l'espressione sconvolta sul viso e abbassando il volto, per poi dirmi di attendere altri dieci minuti, l'unica cosa che avrebbe meritato era un vaffanculo.
Franco e stanco.
Un vaffanculo franco e stanco è un amico. Arriva nel momento del bisogno, dritto al punto, ma senza stizza né rancore e ti dice una verità nuda e inevitabile, come l'aglio della bruschetta che si rinfaccia il giorno dopo che l'hai mangiata.
Quanto torna, il tizio mi accompagna personalmente nel suo ufficio e intanto si scusa, senza che io avessi detto "merlino!", per il fatto che gli uffici restanti erano vuoti e non c'era più nessuno.
"Guardi che se ora non c'è nessuno...ora lei vede che ci sono solo io, ma è perché gli altri lavorano da altre parti. Qui lavoriamo tutti! Sa, sono liberi professionisti e se non stanno qui non stanno mica a casa, ma a lavorare altrove!".
D'accordo. Premuroso. Ma chi t'ha detto niente?
Mi è venuta in mente la mia professoressa di latino e greco del ginnasio, che aveva un nome elegante, Danusia, nonostante lei fosse terribile come Attila, severa e pungente quando sbagliavi: non scappavi da nessuna parte.
insomma lei, mentre un alunno mugugnava scuse e giustificazioni dopo aver fatto il primo errore alla lavagna, diceva sempre questa frase in latino: "excusatio non petita, culpa manifesta".
Lapidaria. Cazzo se coglieva nel segno.
Quindi: chi t'ha chiesto niente? Coda di paglia. Qui non ci lavora più nessuno. Bene.
Questo è un coglione. Non me ne sono andata subito, solo perché ormai la mia giornata era andata persa, lì per lì ho pensato.
"Guardi, siamo nella stessa condizione...Io sono stanco, sono le cinque anche per me, mi comprenda!".
"Sì sì, faccia pure...". Stanca.
Ma il mio tempo, le mie tre ore, non me le paga nessuno, le sue sì.
In quelle tre ore in cui avrei potuto farne altri tre di colloqui, ho passato il tempo a riempire - per soli 30 minuti - un questionario; ad imprimere a un divano di finta pelle, la forma accurata delle mie natiche (senza alcuna soddisfazione del risultato); a guardare dalla finestra le foglie scosse dal vento, secche e croccanti sotto l'ultimo sole d'autunno caldo... ah, potrei essere là fuori, a correre o a passeggiare contando le cicche per terra...blabla (un viaggetto mentale senza bisogno dei biscottini di Proust) ; in quelle tre ore ho conosciuto altri due sfigati - nel senso buono - come me che erano lì per un colloquio. Un ragazzo e una ragazza. Tesi, socievoli come tra i condannati che aspettano il proprio turno; nervosi e stupidi un po'. In questo caso la selezione era per metà assicurata e però la sindrome è quella sempre.
Siamo o no noi, la risorsa? perché c'è la sindrome da /oddio non valgo un cazzo!/
Laurea triennale, laurea magistrale, in corso e a pieni voti, lode, master, esperienze all'estero, due lingue, un nobel, 788 di QI, il terzo occhio della mente attivo come un riccio a primavera...però no, non vali niente. Non ho esperienze!! O mio dio!!! Non ho esperienze!! C'mon! tutti in filaaaaa!! Corriamo a deprimerci!! DAI!!

(Ok la lettura di questo post e del colloquio che mi è capitato è deprimente. Ma il punto è che non siamo un lavoro. Siamo persone che vorrebbero fare un lavoro. Se smettessimo di identificarci con un ruolo professionale e iniziassimo a considerarci persone, sapremmo guardare con più distacco a questa situazione - che rimane critica - ma abbiamo ancora noi stessi, i nostri interessi, le passioni, un cuore, una testa che pensa e crea continuamente, qualche buon amico e qualcuno di speciale a cui pensare.)

Ultimamente mi sento una forma di energia che continua a funzionare solo da sola, come un sistema chiuso.
E il circolo esiste solo perché è il mio carattere o un pungolo esterno a farmi ripartire.
Io mi attivo e poi mi disattivo quando incontro persone come quella del colloquio.
In treno al ritorno, ero triste. Poi ci ho riso su. Lo imiterò a cena con gli amici; loro rideranno, io ci riderò.
La sera prima di dormire penso che sia una cosa triste e che probabilmente, mi ricapiterà, ma questo non deve avere a che fare con me. Sono loro il problema. Anche se loro poi, sono quelli che dovrebbero assumerti. Fortunatamente ho incontrato anche persone serie, va detto. Persone puntuali, che si sono scusate davvero per il loro ritardo, se c'è stato. Non so se la parola giusta per queste persone sia "umili" o "normali", io li chiamerei "bella gente".

Insomma la faccenda dell'attesa è una cagata pazzesca.
I militari quando vanno a fare un colloquio vengono sottoposti a questo trattamento: chi rimane fino all'ultimo,  aspettando tutto quel ritardo rispetto all'ora concordata, è più disposto a ricevere degli ordini. Farà meno di testa propria, rimarrà sul posto ad attendere istruzioni, cederà meno degli altri alle lusinghe di quella roba figa e antipatica che è il libero arbitrio.
Cosa dovrei aver capito io, dal fatto che ho aspettato tutto quel tempo?
Sono arrivata in sede alle 15,20: sono uscita alle 18,33. Ho perso due treni. Questionario di 30 minuti, colloquio di altri 30 minuti. Dovrei capire che non conto poi molto? che il mio tempo non ha valore e non è valorizzabile?
E il colloquio infatti è stato una fuffa. Segno evidente che se si tiene troppo a stabilire una gerarchia, non si nota tutto il resto, anche la cosa più importante: io ero lì per un corso che mi desse certe nozioni e che mi insegnasse qualcosa, loro hanno ancora bisogno di gente che li paghi.
In merito al colloquio. Beh. La stagione di prosa era appena iniziata e non me ne ero ancora resa conto.
Ero a teatro e lo spettacolo si era fatto attendere ma l'attore valeva l'attesa, col senno di poi.
"Questo master guardi, neanche dovrei dire nulla! Brilla di luce propria!".
Oddio. Alberto Sordi che fa il ganzo in Un americano a Roma non era così molesto.
"Se le faccio vedere la lista dei collaboratori, le faccio brillare gli occhi. ...Le faccio brillare gli occhi??"
Sì, mi faccia brillare gli occhi. Come brillano gli ordigni nucleari. Mi faccia esplodere, così le imbratto la scrivania.
"Addirittura? sì grazie..."
Mi passa il foglio.
La sacra sindone.
La apro.
Scorro la lista, volutamente senza sorpresa. ormai ho accumulato la carogna per l'attesa.
Non se ne va. Sono fatta così. Male, sicuramente, però devo dire che la mia bile ha un che di coerente e la coerenza oggi è roba d'altri tempi, vintage diciamo. Con questa brutta gente riporterò in auge lo scazzo perpetuo e costante. Mi rifiuterò, li rifiuterò.
"La donna è mobile qual piuma al vento"? Sì. Ve lo augurerete.

Comunque, chiudo i fogli, li poggio sul tavolo e glieli restituisco.
Sogghigna agitandosi senza motivo: "giusto per darle un'idea del..." (sfuma in sottofondo).

***
PICCOLA PARENTESI sullo SFUMARE IN SOTTOFONDO LE PAROLE.
lo sfumare in sottofondo è un'altra strategia dei selettori al colloquio: ti costringono a non fare il minimo rumore perché altrimenti non riesci a intuire come finisce la frase. Ti costringono a seguirli e a riempire i buchi delle loro frasi intuendo la parola giusta.

[DIALOGO NELLA MIA TESTA CON UMBERTO ECO:
U. - caRa cecilia ma è così che funziona la comunicazione!!!
C.- Eh no! "cooperazione testuale" un cazzo, caro Umberto. Questi sono degli ermetici balordi, punto!!
U. - Non voglio che si paRli in questo modo!! non me ne fRega niente se siamo nel tuo inconscio!
(scazzottata)].

La sfumatura verbale è lo strumento usato nei gruppi più spietati dei servizi segreti russi; è stata usata inoltre durante la scuola per passare la versione di latino e greco; infine, credo risulti una strategia telefonica erotica per mantenere viva l'attenzione dell'interlocutore e stimolarne la ricettività (ma su questo devo consultare la bibliografia in merito, magari al prossimo post).
A me è successo questo:
"Vede possiamo fare...[bzzzz ssshhh  BUIO ssshhh] il 20, ma il 26 settembre no, dopo di che, se lei non, e io nemmeno, allora... [bzzZz ssshhh BUIO ssshhh] siamo d'accordo?" (Sorriso finale  - fissandoti e cercando un feedback positivo).
Io: "Sì sì, certo siamo d'accordo, ho capito perfettamente". (altri sorrisi di conferma e annuisco come un cortigiano del Sol Levante).
Anche chi fa così, obiettivamente è una brutta persona, e le auguro i lavori forzati o almeno una modesta attività di mondina. Sibilare al riso forse sarà utile per scacciare i topi mentre lo raccogli con l'acqua ai piedi.
***
Tornando all'Albertone nazionale.
Ultimo atto.
Risata a sbuffo per inaugurare la frase, odiosissima: "lavoriamo solo con i migliori!"
E i più cari, aggiungerei.
"Come lei ben saprà...".
No. Questo no.
La formula che dà l'allarme in qualsiasi contesto.
Ora scappo.
Sono al primo piano: rapido calcolo.
Se mi butto dalla finestra cado in piedi, non dovrei farmi male. C'è il bus per la stazione qua davanti, è un attimo.
"Sì ma io l'ho capita, guardi".
Rabbrividisco.
Mi ha smascherata. E' fatta.
Chiederò scusa, dirò che c'ho ripensato e che devo andare via. Non è mica una tragedia. Al limite simulo un malore, senti...
"Sa io leggo tutti i movimenti del corpo, la prossemica, di lei ho già capito tante cose che lei pensa di non lasciar vedere".
Cristo!
tipo? Lo leggi "Fottiti" qui? lo leggi? Effe, ò, doppia t...

"Lei è una determinata, è posata e cortese, ma quando vuole lei va dritta al centro".
Lo fisso.
Mi fissa: "Ha trovato il centro?"
Sì. ma tranquillo: sentirai solo una fitta alla fronte.
"Mh..no no." Socchiudo gli occhi. Risatina.
"Lei non a caso è seduta qui. Lo sa che dove le faccio sedere le persone antipatiche?? Sulla sedia accanto a lei!! lei mi sta proprio simpatica, andremmo d'accordo, lo so!".

Ah. Allora è solo scemo.




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