martedì 9 aprile 2013

L'orologio

Mi porto dietro i bocconi del sogno di stanotte.
Ero in un posto affollato
qualcuno parlava davanti alla folla
io ero contenta.
Al risveglio invece ho il respiro affannato.
Mentre cammino per strada, vedo tutto ma non guardo niente e
mastico ancora quei pensieri.
Si inceppano con le sceneggiature ridicole dei manifesti pubblicitari, quei sorrisi, quella bella pelle, tutto quell'amore da catalogo coop. Mia nonna ci incartava le uova.
Non rimane niente. Sembro un'altra. Sono un'altra, ma sono sempre quella che ha fatto il sogno durante la notte appena passata.
Durante la giornata siamo le ombre vestite dei viaggiatori notturni
quelli che vanno da un'idea all'altra
verso mondi nuovi, nei cosiddetti sogni.
E se fossero veri.
E se il risveglio fosse tornare a dormire.
"Chi avrebbe il coraggio di non svegliarsi?"
"Come scusi?". Due battiti di ciglia e uno sguardo indefinibile sono la sua risposta alla mia domanda.
"No dico. Se in realtà la mattina quando pensiamo di svegliarci in realtà ci stiamo addormentando e stessimo vivendo vivendo un sogno? E se ne fossimo consapevoli e ci piacesse? Lei vorrebbe svegliarsi e tornare a dormire nel senso comune o vorrebbe continuare a vivere, ma a vivere in un sogno bellissimo?"
Dalla strada sale un odore di frittelle. Sono solo le 11 del mattino. Sono mele, mele fritte.
"Pensa spesso a questo sdoppiamento?"
Se penso spesso a questo sdoppiamento. "Il doppio mi ha sempre affascinata, ma non mi definirei una schizofrenica schizzata".
"Schizzata non rientra tra le definizioni...Vede, se lei..."
Schizzata non rientra tra le definizioni. Ecco ora fa un cappello introduttivo su un argomento.
Sembra difficile in realtà credo di aver capito, forse... Oddio ora fa un esempio. Quando una persona poco pratica cerca di fare un esempio, sta costruendo mattone su mattone una parete di incomunicabilità.
Ecco, ha finito l'ultima gettata. No.
Ancora una. L'ultimo mattone.
"Ha presente quando... ". Davanti ai miei occhi sale il muro, lui dietro è lontano lontano, sembra sia sotto, sembra mi parli da dentro una casetta di ovatta. Non voglio farlo uscire da lì. Ma chiudercelo dentro.

Faccio un'espressione di sorpresa improvvisa e inizio ad alzarmi.
"Mi scusi, credo che il nostro tempo stia finendo"
"Ha ragione". Controlla l'orologio. Lo controlla dopo che gliel'ho detto, quindi si fida. E' proprio cretino, e con un orologio. Un costoso orologio che sicuramente pesa e molto probabilmente gli tira i peli del polso. Non so perché la gente con le braccia pelose si ostini a portare orologi di questo tipo. Ora quel coso scintilla e mi guarda. Ruota il polso per mostrarlo meglio, ma non vuole farlo in maniera troppo evidente, me ne accorgo solo ora.  
Ciao, sono probabilmente costoso ma privo di ogni eleganza e mi piace guardare la faccia disgustata che hai adesso.
"Le piace?"
Oh, ecco qua.
"Eh?"
"No è che guardava l'orologio"
"Ah, sì...bello (graziosa e decisa, graziosa e decisa). Arrivederci allora.". La mia mano è salda sulla tracolla di pelle morbida. Questa borsa è stato un ottimo acquisto.
"Arrivederci".

Lo studio di questo tizio è triste. Lui è triste, come i suoi calzini e le mani della moglie che glieli ha appaiati stamattina, dopo averli ritirati asciutti dallo stendino aperto nel salone di casa. Quelle mani sono mani sicuramente tristi.
Tutto era già intuibile dalla sala d'attesa, il luogo che, insieme al bagno, rivela l'essenza di un luogo pubblico, perché rivela il vero livello della cura per la persona, di quanto ti considerano una persona.
Questo studio è triste. Colorato e triste perché manca di ogni traccia di un buon gusto di base che ho sempre pensato fosse in dotazione insieme al dna. Quando veniamo alla luce abbiamo una specie di marsupio con dentro un pacchetto contenente dna appunto, neuroni, buon senso, capacità di seguire un discorso per 2 minuti, saper trattenere un rutto e sapere come ci si soffia il naso senza allarmare la protezione civile (poi col tempo, va da sé che mi sono ricreduta - come penso tutti - su un sacco di queste cose, ma questo è davvero un altro file).
Le sedie e il tavolo di questo posto, il vaso di fiori, perfino le tende, rientrano in quello sforzo di coloro che non hanno gusto nel voler dimostrare agli altri - e a gran voce! - che lo hanno. E comprano cose brutte o stupide che tradiscono questo disperato tentativo di passare per amanti del design, di ogni linea pulita e perfetta, delle forme misteriose - quindi colte - o di quelle accoglienti - quindi accomodanti - mentre in realtà, si palesano gli squilibri del famoso pacchetto in dotazione. Qui qualcuno ti ha fottuto il marsupio, l'ho capito dal tuo bagno. 
Un lavandino di cui non si intuisce l'apertura del rubinetto per lavarsi le mani, mi fa solo capire che così non andremo da nessuna parte. Da nessuna altra parte se non all'inferno (e con le mani sporche).

L'ultima cosa di cui avevo bisogno era un orologio parlante indossato da una scimmia laureata. Con indosso una cravatta di cattivo gusto.
 



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